Dialoghi sui massimi sistemi delle Arti Marziali

(2)

Seconda Conversazione: Budō, Bujutsu, Bugei
Personaggi
Io: Adriano Amari
Donn: Donn F. Draeger
Kanō sensei: Jigorō Kanō sensei, creatore del Kōdōkan Jūdō
Giacomo: Famosi “Giacomo” storici e leggendari
Takezo: Miyamoto Musashi


GIACOMO: Buonasera signori! Konbanwa, Kanō sensei!
Guardate chi vi ho portato!
DONN e IO: Ciao Giacomo! Takezo sama! Che piacere! Konbanwa!
KANŌ SENSEI: Konbanwa Giacomo san! Konbanwa Takezo san!
TAKEZO: Konbanwa!
IO: Grazie alla partecipazione di Giacomo e Takezo san vorrei proporre come tema di questa conversazione il “Bu” [武] e tutto quello che principalmente lo identifica: Bugei [武芸], Bujutsu [武術], Budō [武道]. Il tutto riallacciandoci anche alla nostra conversazione precedente.
La parola “Bugei” indica le Arti Marziali in generale come le attività militari di tutti i tipi, così vorrei premettere che chiamo gli aderenti al mio gruppo di studio e di pratica, che comprende scuole Koryū e scuole Gendai Budō più discipline del Sud Est Asiatico: “Bugeisha” [武芸者 – “-sha” sta per “persona”] per sottolineare che noi ci occupiamo sia del “Jutsu” [術 – aspetto pratico diretto] che del “Dō” [道 – aspetto anche speculativo]. Ritengo che sviluppare un solo lato comporti una incompletezza che, alla lunga, si paga. A me sembra, comunque, che le Arti Marziali anche quando sottolineino solo uno dei due aspetti, Jutsu o Dō, comprendano anche l’altro.
Parlando con maestri giapponesi d’oggi, si nota subito che si riferiscono alle loro Arti Marziali o ad altre che conoscono usando indifferentemente le due parole. Kanō sensei, che ne pensi?
KANŌ SENSEI: Credo che sia in parte colpa mia la contrapposizione che molti oggi fanno riferendosi al Bujutsu e al Budō. All’inizio del mio lavoro per formare un’Arte Marziale nuova, diversa da molte altre provenienti dal periodo feudale che apparivano agli occhi del nuovo Giappone violente e prepotenti, sottolineai con l’ideogramma e il concetto “Dō” l’intenzione, il proposito di educazione, la ricerca della salute, il maggiore rispetto in generale. Ma, in realtà, i maestri violenti di allora erano solo una parte e la maggior parte dei miei maestri, e degli altri colleghi, erano personalità temperate nella pratica e nella vita.
Se poi si osserva la Spada e le Arti ad essa collegate, nonostante la guerra moderna non le prevedesse più sul campo, riguadagnarono subito una vasta platea di estimatori e seguaci grazie al suo spirito e ai suoi significati profondi. Il Kendō, alla fine, fu un “in più” che portò cose interessanti ma anche problemi.
GIACOMO: Come spirito essenziale dell’Occidente, iniziato, alchimista e saggio in numerose delle mie reincarnazioni, devo sottolineare che le parole hanno dei significati che non è possibile mistificare. Penso che sia un tema importante. “Bu”, “Jutsu” e “Dō” hanno significati e riferimenti originari precisi che vanno considerati attentamente. Dopo aver studiato e assorbito i significati originari è possibile cercare nella propria cultura i corrispondenti riferimenti e operare da lì. Anche qui non si possono “appiccicare” significati e sviluppi a fantasia.
IO: Bujutsu e Budō vengono spesso oggi messi in contrapposizione. Alcuni pretendono che il Budō rappresenti un’evoluzione in senso moderno di un Bujutsu violento e brutale, altri dicono che il Budō sia un prodotto intellettualistico che perde la necessaria efficacia. Ma si tratta di aspetti complementari di una stessa realtà dove ognuno non può far a meno dell’altro. Riassumendo quanto scritto da maestri del primo ‘900, dove coesistevano in modo ben vivo Bujutsu, Budō storico e il Gendai Budō post-Meiji, vediamo che il Bujutsu era ed è un’arte che vuole utilizzare le capacità del corpo e della mente nel modo più efficace. Siamo vicini al Seiryoku Zen'yō" (精力善用 – miglior impiego dell’energia) di Kanō sensei. Il Budō fa un preciso riferimento al concetto del Tao-Dō taoista e confuciano. Il Bujutsu considera la pratica da una prospettiva applicativa, il Budō da una filosofica. Però è essenziale smentire chi li separi e li contrapponga perché parlano della stessa cosa, con prospettive differenti. Quando studi il Bujutsu a prima visione si potrebbe pensare che la mente si applichi agli aspetti tecnici della scuola, nel Budō in quelli teorici e mentali. Ma se il Bujutsu descrive un lato fisico e pratico, nel praticare si riflette sul significato profondo di esso, così appare il lato teorico e intellettuale. Nel Budō se non cammini bene nell’efficacia, se trascuri il Jutsu, ogni speculazione intellettuale sarà vuota, ogni affermazione una menzogna. È ovvio che si deve dare enfasi ad entrambe durante lo studio delle Arti Marziali.


DONN: Dal Jūdō scoprii il Bujutsu e trovai in esso una profondità ben maggiore. La guerra e le mie esperienze avevano trasformato la pratica della disciplina di Kanō sensei come un mezzo essenzialmente di confronto, sportivo o combattivo. Nei Kata del Jūdō trovai degli elementi diversi, man mano che li allenavo ma chi mi insegnava allora non mi dava le risposte che cercavo. Per cui mi presentai a quel Dōjō di Narita e, da lì, entrai in un mondo eccezionale. Di riflesso capii meglio il Jūdō.
KANŌ SENSEI: Anche io ebbi una rivelazione quando ebbi occasione di vedere enbu e demo delle antiche scuole di Bujutsu. Capii che il mio Jūdō era incompleto e cercai di comprendere, studiare, fondando il Kobudō Kenkyukai.
TAKEZO: Spesso sono citato come un guerriero eccellente che si è fatto da solo osservando la natura e allenandosi davanti ad alberi e rocce sulle montagne e nei boschi. Come quell’altro tizio cinese, sono diventato la giustificazione e il riferimento della inutilità di studiare quello che proviene dal passato. Tutto ciò è profondamente errato. Lo dico subito nei miei scritti: “Mi sono allenato all’Heihō si dalla giovinezza”. Heihō viene reso nei linguaggi occidentali come “strategia, principi” ma comprende bene anche il Waza, la tecnica materiale (e altro). Mio nonno, mio padre erano caposcuola di un piccolo ma rinomato Ryū che trattava la Spada, il Jutte, il lancio di dardi e lame corte, il bastone e il Jū Jutsu armato e disarmato. Mio padre era un forte spadaccino che sostenne vittoriosamente incontri di fronte allo Shōgun. Io imparavo con facilità, semplicemente guardando capivo ogni aspetto di una tecnica, le caratteristiche di chi mi stava di fronte, le sue forze e debolezze psicologiche. Dopo tanti duelli compresi che vincevo per le mie doti naturali e che era la mia aggressività ad agire, così capii che dovevo andare oltre. Le “Due Spade” all’apparenza sono il Tachi, la spada lunga, e il Kodachi, la spada corta, ma in realtà sono il Waza, la tecnica, la Spada fisica e l’Heihō, i principi, la strategia-tattica, l’aspetto, la Spada mentale. Ma, ovviamente, ognuna comprende e compartecipa l’altra. Il “Due-in-Uno”, o l’”Uno che è Diecimila e Diecimila che è Uno” come afferma il maestro Ittōsai.
L’essere umano riceve una grande eredità dai suoi predecessori come dal Mondo. Non tutta viene recepita durante la prima crescita, né durante l’istruzione. Però è lì e prima di perdere tempo credendo di esprimere qualcosa di nuovo è molto meglio controllare se non esiste già e sentire così la presenza del Tempo e l’abbraccio caldo dei sentimenti e dell’intelletto di chi già è vissuto e ha lasciato una traccia che lo rende immortale.
GIACOMO: Occorre esaminare con attenzione il “Dō”. Cos’è, a cosa si riferisce. Tao/Dao/Dō è un concetto universale filosofico e religioso. È un’ispirazione, l’essere primo e presente di Tutto. Ha un ritmo, una vibrazione, è un percorso e, contemporaneamente, una presenza che è prima, adesso, dopo. Un modello. Quando si parla di Dō o Tao legati alle attività umane o naturali di qualsiasi tipo, parliamo di un sistema generato dall’uomo spesso attraverso una esperienza gnostica o sciamanica, che vuole riprodurre nella miglior maniera possibile il modello ineffabile superno.
Che però non può essere mai, lui, il Tao supremo. Ogni uomo ha il suo Tao/Dao/Dō, il suo vero modo di avvicinarsi all’essenza sublime, di trovare il suo scopo nel flusso della Vita e della Morte, di sentire la felicità di aver trovato il proprio posto e il proprio cammino. Però, allo stesso tempo, esistono delle categorie archetipe come quella dei “guerrieri” che hanno un “modo” simile e camminare insieme aiuta, fa ricevere l’eredità di chi già ha formato e percorso lo stesso Tao/Dao/Dō. Aiuta, realizza, rinforza.
È il Jita Kyōei.
Esiste l’archetipo del guerriero e il Bugei giapponese, nella coppia Jutsu e Dō lo rappresenta bene. Noi occidentali con i tempi moderni, l’industria, il materialismo, le teorie di supremazia economica, l’appiattimento sociale e il pacifismo impotente abbiamo perso molto di queste virtù e dei contatti con i flussi dei nostri antenati. Il “soggetto non espresso” dalla Tavola Smeraldina” è praticamente il Tao/Dao/Dō, la dinamica degli Elementi e dei Mutamenti è simile alla filosofia alchemica occidentale, il Cerchio dello Yang-Yin è il Doppio Triangolo, la Svastica esiste in tutto il mondo, il senso della circolarità e della spirale sta in molti simboli come il Quadrato del Sator, il Tomoe, il Fiore Solare e altri.
Ma per capire, data la difficoltà di trovare questi elementi e gli insegnamenti, l’Oriente può aiutarci, non contrapposizione, ma piuttosto come memoria conservata e comune.
KANŌ SENSEI: Magnifico! Takezo san, Giacomo san, ottima esposizione!
IO: Abbiamo parlato di Jutsu e Dō. Siamo lontani da aver esaurito l’argomento ma abbiamo esposto già le ragioni principali. Occorre ora parlare di “Bu” [武]. Io trovo che c’è molta confusione. L’ideogramma, analizzato, dà una lettura. Ma i significati sono solo l’immagine esteriore.
Il disegno, soprattutto il segno cinese più arcaico, rappresenta un uomo con una lancia. Vuol dire “una persona che porta ed usa le armi”. Non distinguiamo se lo fa per mestiere o per destino. Più tardi sono state aggiunte interpretazioni più etiche, come “fermare le armi” o “estinguere il conflitto”. Personalmente sono più per una interpretazione “a due spade”, voglio dire la possibilità di usare o non usare, di spegnere o accendere il conflitto.
Ma letture più antiche, prima dell’intellettualismo, identificano “Bu” come LA forza elementare che, all’inizio dei tempi (questi tempi?) ha “tagliato” il Vuoto scindendolo in Yang e Yin che poi si sono combinati fra loro nelle Diecimila Cose.
Per cui il “BUshi”, il BUgeisha è quello che amministra l’equilibrio tra le Forze in azione, le riequilibra o, se è il caso, le fa deflagrare. È un essere archetipo, il garante dell’Onmyō [陰陽]. Ha il dovere di rifuggire le vie più facili, ha il diritto all’azione, che rende “sacra” attraverso il potenziale o effettivo se stesso.
La Via del Guerriero occidentale è narrata in modo molto bello nelle epiche. La Tavola Rotondo esprime il tentativo attraverso l’ideale guerriero e la fratellanza in armi di mantenere l’equilibrio e l’aspetto fatato del Mondo. La discontinuità dell’animo umano e le sue falle producono la caduta del ciclo, così come l’introduzione di elementi estranei che si appropriano del Graal tagliandolo fuori dal Mondo o ingannano il guerriero Sigfrido facendogli perdere la Sposa Divina.
DONN: Bella esposizione. Uno studio attento di Est e Ovest. Vorrei aggiungere che, come in tutte le cose, il “popolo” dei guerrieri, chiamiamoli così, ovviamente non è una massa omogenea e pura. Ci sono tutte le sfumature del carattere umano, tutti i tipi. C’è chi percepisce e segue l’archetipo, c’è chi lo perverte, c’è chi lo fugge. A volte agenti coscienti, a volte travolti da eventi e destino. Comunque i più cercano con coscienza o per istinto di compiere il compito che gli è stato assegnato. Chi campione, chi cercatore, chi maestro, chi eterno allievo.
GIACOMO: È il Tianming [天命], il “Mandato del Cielo”!
KANŌ SENSEI: Quello che tutti vogliamo dire è che Bugei, Bujutsu, Budō, interi o scissi nei loro componenti Bu, Jutsu, Dō sono principi e concetti delle civiltà cinese e giapponese. Anzi, in questo preciso ambito è imperante soprattutto la versione giapponese. Chi altera questo fa una contraffazione e rende le parole-seme estranee e vuote. Le può riempire di altre cose, ma commette un falso. Io ritengo molto interessante trovare i paralleli e i legami con il mondo guerriero ed iniziatico occidentale ma, come dice Adriano san, questo serve per capire meglio sia l’elemento originale, sia per svelare e comprendere quelli della propria cultura, mistificata da false immagini e false ideologie moderne.
GIACOMO: Immagini e ideologie parassite che, per vero, giungono da lontano, strisciano fuori dai deserti e dalle “Città dalle Mille Colonne” per allontanare gli uomini dal sapere antico.
IO: Vorrei fare un esempio abbastanza semplice. Conosciamo tutti il vino italiano chiamato “Chianti”. Per aver diritto a questo nome deve essere il prodotto ricavato da certe uve di vigneti ricadenti in precise contrade. Altrimenti non lo è. Certo, un abile vinaiolo può produrre ottimo vino in un altro sito, ma non è né sarà “Chianti”. Un produttore astemio potrà produrre un succo non alcolico, ma non è quello. Se voglio produrre “Chianti” devo avere le caratteristiche sopra specificate.
Lo stesso per il Budō o il Bujutsu. Non posso creare un Bujutsu o Budō occidentale. Può essere un’ottima disciplina, ma non è quelle. È un inganno che anche verso se stessi.
Non ha senso. Deve avere delle caratteristiche che vanno anche più a fondo di quanto fissato nella “Carta del Budō” (Budō Kenshō - https://www.nipponbudokan.or.jp/english/budochater) ed essere originale. Come le Nihontō.
Sennò è altro!
TAKEZO: Dō letteralmente significa “Via”, per cui molti l’associano principalmente ad un percorso di conoscenza in cui si impegna l’intero essere, corpo, mente e spirito. Questa è solo una visualizzazione tra le tante possibili. È importante, è interessante, è bella, ma il Dō è molte più cose, come lo è “Bu”, come detto prima. La Via non conosce fine o meta, brucia Tempo ma non ha Tempo. Non ci sono luoghi d’arrivo finali, quando “arrivi ad una meta” comprendi subito che ne hai un’altra più avanti. O indietro. Non c’è un solo senso, non c’è una sola direzione.
Ma questa, ripeto, è solo un’immagine. Il Tao non si può descrivere, né limitare. Similmente un “Dō”, per quanto interpretazione umana del Tao, non ha limiti. Però ha un tema, un’anima che è quella di chi l’ha formato, il flusso che la caratterizza. Altrimenti, come avete detto, è un’altra cosa.
GIACOMO: Già.
Credo che possiamo concludere questa discussione perché abbiamo detto molte cose su cui pensare.
Però vorrei aggiungere un avvertimento. Forse dovremo parlarne ancora, ma qualcosa la dico qua.
Molte persone hanno delle strane idee, credono che il “progresso” sia una linea crescente costante per cui oggi si è più “progrediti” di ieri e domani saremo più “progrediti” di oggi.
Poi pensano una cosa simile per la cosiddetta “evoluzione”.
Questo non è vero, nell’uno e nell’altro caso.
Partiamo dal secondo punto. L’uomo di oggi non è assolutamente migliore dei suoi antenati, via a risalire fino ai Neanderthal. Ho percorso i tempi, lo posso ben dire. Anzi, se consideriamo le capacità “naturali” nello scorrere del tempo abbiamo perso più di qualcosa. Per quanto riguarda la conoscenza, in alcune cose si sa di più, in altre di meno. E la capacità di usarla è sempre parziale. Molto.
Anzi, l’eccesso di certe conoscenze si scontra con una forte incapacità di comprenderle, neanche ad un livello elementare.
La tecnica, la tecnologia non sono monolitiche. Sono una quantità di cose e anche qui c’è qualcosa che va avanti e altro che va indietro. A volte si fanno grandi studi per scoprire (o riscoprire) che le cose si sapevano già. Bisogna stare attenti, perché certe cose luccicano, ma sono vuote.
KANŌ SENSEI: “Keiko” significa “seguire/imitare gli antichi”. Occorre capirlo bene, perché è un’istruzione molto ampia e saggia.
Bene, spero ci rivediamo presto per un’altra discussione.
E un altro Tè con i biscotti…
DONN: Spero che chi ci legge rifletta nel modo corretto.
TAKEZO: “La corrente di un fiume riflette la Luna come uno specchio ed è trasparente”.
Credo che questo Haiku abbia a che vedere sia su quanto abbiamo detto che su quanto prossimamente diremo.
IO: Si, Takezo san. Si parlerà anche del monte e del fiume.
Ringrazio tutti per la conversazione di oggi.
GIACOMO: Ci saranno altri ospiti a sorpresa, alla prossima!
[nota per i lettori: Giacomo è un mio “spirito guida”. Fu una antica divinità indo-europea dei confini tra le terre e le acque oceaniche, poi si reincarnò molte volte come Apostolo, uccisore di mori, come re conquistatore, capitano di ventura, uomo di mondo, spadaccino e letterato, fine poeta e filosofo, scienziato, pittore, compositore lirico e altro ancora]
[nota due: le parole “dette” da Jigorō Kanō sensei, da Donn F. Draeger e da Takezo/Musashi sono estratte da loro testi e interviste, quelle di “Giacomo” sono un esempio di “scrittura automatica”]

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