Mondō: colloquio tra maestro ed allievi (2)

“Mondō” (問答 – letteralmente “domanda e soluzione”) è un termine buddhista che definisce una conversazione “domanda-risposta” tra maestro ed allievo. Ci può essere un argomento proposto o far riferimento a lezioni passate, o no. La domanda può essere “guidata” dal maestro o no. Il fatto che l’allievo ponga una domanda è segno di una conquista che lo stesso ha fatto sull’argomento. La domanda può avere una risposta verbale o di diverso tipo.

 

ALCUNE ISTRUZIONI SCRITTE ED ORALI DELLE SCUOLE STORICHE

 

L’appassionato occidentale di Arti Marziali giapponesi deve inoltrarsi nella cultura del Giappone per poter capire al meglio la disciplina che studia, e questa comprensione lo aiuterà in seguito a sviluppare correttamente la tecnica e andare maggiormente in profondità.

Ci sono testi che possono favorire questo approfondimento, principalmente gli scritti dei maestri fondatori di scuole di Bujutsu e Budō del periodo classico e moderno, poi pubblicazioni e compendi di storia, antropologia, oplologia e altro. Questo approfondimento è indispensabile per passare da un ruolo di fruitore “ricreativo” o “muscolare” dell’Arte Marziale ad uno status di maggiore consapevolezza.

Lo studioso occidentale di Arti Marziali, soprattutto chi si occupa del Bujutsu storico, della scherma (Kenjutsu e Iai - sguainare la Spada), spesso si limita colpevolmente alla famosa opera di Miyamoto Musashi, “Il Libro dei Cinque Anelli”.

Per di più la lettura di questo testo viene spesso fatta in modo superficiale.

Esistono numerose opere di altri famosi maestri che possono aiutarci nella conoscenza, e meglio di Musashi spiegano i fattori morali ed etici, e danno preziosi suggerimenti su come approfondire lo studio attraverso la tecnica della loro Scuola.

Nonostante che questi testi siano apparentemente specifici, il loro contenuto è di valore universale e anche chi fa un’Arte Marziale moderna e disarmata come Jūdō, Karate o altro, può trovare nelle loro pagine grandi spunti e miglioramenti per la sua pratica. Sono libri che vanno riletti periodicamente man mano che si va avanti nella propria disciplina, per trovare nuovi e nuovi significati ancora.

 

Uno di questi testi scritti da grandi spadaccini e fondatori di Ryū, l’opera “Heiso Jirinden”, compilata dal fondatore della scuola Katayama (Spada e Jū Jutsu), Hisayasu sensei, e dal di lui figlio, è estremamente interessante e, ovviamente, i vari passaggi dello scritto posseggono diversi livelli di lettura. Questo testo è sopravvissuto quasi per caso alle distruzioni dei bombardamenti dell’ultima guerra. Per caso (ma è un caso?) è stato ritrovato da maestri appassionati che ne stanno curando la traduzione in giapponese moderno, inglese ed italiano.

Consideriamo i passi di uno degli ultimi brani trascritti dall’originale e ostico “rengō” (scrittura allusiva tipica di ogni scuola) in giapponese moderno dal Maestro Yuji Wada e da lì tradotti nell’italica lingua dal maestro Brandozzi di Ascoli Piceno.

Questo testo esamina i significati dei Kanji contenuti nella parola “Kenjutsu” (Arte della Spada - 剣術) e del significato conseguente che così assume la parola completa.

Nel carattere “Ken” (), normalmente tradotto con “Spada”, è contenuto il seme dell’ideogramma (): ”esaminare, investigare per: correggere, riformare, migliorare”. Invece la seconda parte dello stesso ideogramma significa “Spada” (del tipo a due tagli).

Gli ideogrammi sono d’origine cinese. Anche in Cina questo ideogramma indica l’arma “Spada” (Jian – a due tagli).

L’autore Katayama sembra suggerire per questa parola/coppia di idegrammi una interpretazione progressiva. Tale progressione non solo esprime l’intenzione del maestro creatore di far sì che la pratica della Spada, il suo studio, sia un Athanor filosofale dove l’adepto mette alla prova e migliora continuamente se stesso, ma anche ché questa opera di revisione porti ad una “presenza” lucida e continua della mente. Tale presenza coinvolge gli stati emotivi (il Cuore-Sentimento) e quelli trascendentali (lo Shen o Cuore/Mandato Divino) dell’uomo. Si attua un “controllo” che si espande fino ad esaminare ogni cosa e prevederne gli sviluppi e i progressi.

L’autore collega il significato “nascosto” di Kenjutsu all’ideogramma “BU” (Guerriero - ) per raffinarne meglio il suo molteplice significato. La specifica lettura ed interpretazione di questo ideogramma fatta dalla scuola Katayama non solo esprime la lettura più nota, che dà l’idea del guerriero come “colui che controlla la lancia” - colui che ha la possibilità di agire o non agire - ma specifica il guerriero anche come individualità e contesto in cui è presente la capacità di far cessare naturalmente e spontaneamente il disordine con il suo stesso essere.

Questa lettura più complessa di “Bu”, in unione al significato di Kenjutsu che abbiamo esposto, magnifica questo controllo, un principio “in azione” che permette di evitare qualsiasi uso non necessario della Spada in modo letale.

L’autore dell’Heiso fa notare che il riferimento dell’ideogramma “KEN” () va alla spada a due tagli, così allude alla concezione che ogni azione possegga in sé una lettura doppia sulle responsabilità di chi la provoca e su quelle di chi agisce (possono essere o possono non essere la stessa persona). Di fatto anche colui che ristabilisce l’ordine ha delle responsabilità, tra cui quella di non essere stato abbastanza capace a prevedere e neutralizzare l’incidente prima che lo stesso si attui.

Continuando la lettura del testo, l’antico autore Katayama Hisayasu sensei ammette che la predizione di ciò che avverrà è una cosa difficile da ottenere e, anche se si sapesse quello che sta per avvenire, rimane difficile trovare, magari in pochissimo tempo, il modo migliore per agire e, eventualità ancor più complessa, riuscire a farlo senza che ci siano persone ferite e/o danni. Il motto di questo paragrafo successivo è: “Se una cosa esiste, di sicuro esistono regole. Se c’è una teoria, necessariamente c’è una tecnica”.

[c’è da meditare per bene su questa frase…]

Apparentemente pare slegato dal contesto precedente, vale a dire dall’argomento che stiamo trattando. Ma in realtà la frase esprime due punti:

-    Qualsiasi oggetto fisico o no, se esiste, lo deve ad una serie di motivi, o “regole”, a cui è legato. Di conseguenza, avendo conoscenza o intuizione delle “regole che lo regolano”, è possibile trovare una metodologia, o più, per gestirlo, controllarlo, svilupparlo o, parlando di un evento potenziale o in atto, ridurlo fino a farlo cessare e addirittura impedire che si verifichi.

-    Così ogni cosa può essere trattata e ogni azione “non armonica” annullata. Come “disarmonia” intendiamo una cosa in contrasto con le vie del Cielo e della Terra. Tale azione spetta allo spadaccino (o praticante di Arti Marziali in generale), che può essere gestirla. L’autore Katayama – ma non è il solo, come vedremo – attribuisce principalmente allo studioso di Iai/Battō/Mihotsu questa capacità.

 

Ma è magia?

Dipende cosa si intende per “magia”. Il senso di questa antica parola è: ”sapienza, conoscenza”, ed è proprio alla sapienza e alla conoscenza che l’autore si riferisce, che siano ampie, varie, trasversali ed universali,.

La coscienza della situazione in cui ci si trova, dei suoi meccanismi e di tutti gli uomini che vi sono coinvolti permette di stabilire le regole/tecniche che vi agiscono e così è possibile prevedere ciò che potrà accadere.

Conoscenza che utilizza sia le capacità innate dell’individuo/spadaccino, sia quelle acquisite attraverso la pratica tecnica, sia le norme parallele, legate al Taoismo. Ogni scuola giapponese di Arti Marziali classica possiede un sistema di interpretazione taoista della realtà, sistema che fornisce ulteriori mezzi per controllare il momento di potenzialità di un evento prima – o anche durante -che si manifesti.

Nella scuola Musō Jikiden Eishin Ryū (Iai – Kenjutsu – Jū Jutsu) si trovano principi analoghi a quelli del Katayama Ryū. Questo fatto è ovvio, dato che tutte le scuole procedono in maniera piuttosto unitaria nel gestire la situazione, anche se con principi tecnici e strategici diversi. Riporto qua un brano di uno scritto di questa scuola:

“Lo stato della Spada che si trova inguainata all’interno del fodero (Saya) è come il completo silenzio del Supremo Principio (Taikyoku). Fino a quando la Spada rimane inguainata nel fodero gli elementi Yin e Yang formano una unità. Il momento autentico in cui il sigillo sul Koiguchi (imboccatura del fodero) viene rotto, il Cielo e la Terra e ogni cosa in mezzo a loro iniziano a prendere la loro posizione, e quando la Spada fende l’avversario in due e si raggiunge la vittoria, sembra che fin dall’inizio la Verità Divina (Shinmei) già era presente nella Saya. Quindi, anche prima di estrarre la Spada e tagliare l’avversario in due, l’orientamento del Cielo e della Terra e la rivelazione della verità erano già presenti nascosti nella Saya” (M. Yamakoshi sensei – MJER).

E’ chiarissimo!

Ovviamente sta nello spadaccino interpretare questo “volere potenziale” - il silenzio del Supremo Principio - e applicarlo in modo da vincere, o meglio evitare, lo scontro. Condizione necessaria è quella che si esprima, attraverso il tramite fornito da sé stesso, la volontà della Giustizia, intesa come categoria “Celeste”.

Vale a dire possedere il “Katsu Jin Ken”, la “Spada che dà la vita”, come auspicava Munenori Yagyu sensei dello Yagyū Shinkage Ryū (Scuola di Spada della Casa dello Shōgun).

Queste preoccupazioni di ordine etico e la volontà di predire gli eventi in modo da evitare il Caos – compito del Guerriero – già si trova nella antica scuola Tenshin Shōden Katori Shintō Ryū (Scuola completa militare). Le istruzioni e i comandamenti tracciati dal suo fondatore Iizasa Ienao sensei si muovono in questo senso, all’interno del curriculum vi erano diversi sistemi per costruire mentalmente o fisicamente dei modi per predire gli eventi in base ad elementi naturali, ambientali o umani.

 

Vorrei ancora dedicare qualche rigo a dei principi strategici delle Arti Marziali che si interfacciano con i precedenti e danno un’idea della precisa struttura delle discipline classiche. I seguenti principi appartengono ad una scuola famosa di Lancia-Alabarda e di Spada, il Tendō Ryū, ma si possono trovare in parallelo in altre scuole.

Il primo è “Ojiru”, che corrisponde ad un atteggiamento di assoluta attesa dell’attacco dell’avversario. Questo atteggiamento prevede la scelta di una Guardia (o “non guardia”) ritenuta adeguata alle caratteristiche dell’avversario, alla sua fisicità e tecnica. Senza muoversi dalla stessa guardia si attende, per rispondere solo una volta che l’avversario porti il suo attacco senza dar minimo credito a finte, inviti e movimenti parassiti. È un principio apparentemente opposto a quello espresso qui sopra.

Apparentemente.

È una concezione di un Arte Marziale che ha idee diverse rispetto lo Iai. L’arma è già in campo in condizione di agire, di schermare al contrario dello Iai, dove l’azione prende inizio quando la Spada è ancora infoderata e ancor prima che si manifesti in modo evidente il conflitto.

Esprime bene il principio “Fudō”, vale a dire del corpo e della mente “inamovibili”, in grado di esaminare ogni dato che si presenta senza né farsi condizionare, né rimanervi attaccati. In uno stato di assoluta lucidità fisica e mentale, l’adepto distingue il falso dal vero per muoversi senza azioni superflue unicamente al momento dell’attacco reale. Che comunque è percepito sin dalla sua concezione e comunque mentalmente anticipato.

Secondo la grandezza tecnica, l’idea etica, la situazione e la volontà di ognuno, la risposta potrà essere letale o solo neutralizzare l’attacco senza danneggiare l’attaccante. Quest’ultima è l’idea poi espressa da Morihei Ueshiba sensei nel suo Aikidō.

L’altro principio, “Hikake”, è un po’ lo specchio del precedente. Si tratta della metodologia ideale per effettuare l’attacco. Qui il combattente deve aspettare e percepire il momento perfetto per attaccare, in modo di battere l’avversario con quella singola tecnica (o con un insieme di tecniche). Si sottolinea che le tecniche di attacco di un Ryū, eseguite correttamente, sono sempre efficaci. Non esistono tecniche ideate per perdere.

Da notare che anche qui serve lo stato di “Fudō” che consenta di non farsi travolgere dai movimenti di disturbo, dall’ansia, dalla paura. La totale “chiarezza” della mente.

Si tratta di uno stato mentale che, conseguito effettivamente attraverso i moduli didattici di una scuola vera e legittima, consente all’adepto di guadagnare un grande valore per tutta la sua vita, molto utile nei fatti e nei rapporti di tutti i giorni.

Lo Iai come abbiamo visto, richiede un passo in più. L’adepto deve essere in grado di controllare la situazione prima che si verifichi e rispondere con la tecnica adeguata – la “risposta giusta ed unica a quello specifico attacco” – o neutralizzarne la cause “secondo il volere del Cielo”. L’interpretazione del Katayama Ryū cerca specificatamente la seconda ipotesi, l’anticipazione e la cessazione del conflitto, mentre altre scuole, come il Musō Jikiden Eishin Ryū, sembrano accontentarsi della vittoria sul campo. Ma possiedo ancora pochi elementi per poter essere sicuro di questa limitazione.

Lo studio continua…

Commenti

  1. Molto profondo. Complimenti al maestro Amari.

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  2. Aggiungo che il kanji 剣 viene letto anche "tsurugi" che è tradizionalmente il nome della lama diritta a due fili.

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