Arti Marziali e Yōseikan Budō, Bugei e sport, nei tempi contemporanei

Riflessioni e propositi nel mese del Dio dei Passaggi.

E “viva la Swastika”!

 

Parlo qui di “Bugei”, un termine che significa “Arti Marziali” in senso generale, il che vuol dire che comprende sia l’aspetto “Jutsu”, l’efficacia e l’educazione che ne deriva, e il “Dō”, il processo morale ed etico, l’educazione e l’efficacia che ne deriva.

Invito a riflettere sullo scritto che segue, che deriva dall’osservazione del processo di insegnamento attraverso il quale conduco i miei allievi, poi quello di molte “classi” di varie discipline e i molti filmati disponibili in rete.

 


Il Bugei, l’illuminazione e la formazione di una disciplina

Nel Bugei, il caposcuola che fondava, ideava una disciplina, passava attraverso un evento noumenico, che viene riportato come “illuminazione”. Il caposcuola, al culmine di un periodo di ricerca personale, viveva un fatto o una manifestazione sovrannaturale che causava uno stato particolare di coscienza alterata. In questo stato il caposcuola giungeva alla completa comprensione dell’essenza della sua pratica, comprensione che andava oltre l’aspetto tecnico fino ad abbracciare l’essenza delle cose.

Nel Giappone questo aspetto univa sia l’idea del satori spiegata dal buddhismo, sia l’animismo sciamanico che è ancestrale e vivissimo in quelle isole.

Animismo sciamanico che è nelle radici di tutti i popoli del Mondo, comprese le nostre, indoeuropee. Per cui, anche se possiamo avere una formazione culturale molto diversa, “sentiamo” in noi le discipline Bugei in virtù di queste antiche radici.

Questo aspetto dell’illuminazione è ben conosciuto da chi studia, si appassiona di un’Arte Marziale storica, un Koryū. Ovviamente i tempi moderni tendono al solito ad operare quella che chiamano “revisione critica” di questi fatti, che fondarono le scuole. Si tratta di un modo di analisi molto vicina alla “cultura del cancello” che impazza oggidì e viene mascherata dai più pudici come “rigore scientifico”. In realtà è sempre la puzza sotto il naso e l’arroganza di chi vuole usare mentalità d’oggi o proprie deficienze educative, per misurare il passato. Si insinua che questi episodi siano stati scritti “dopo” per nobilitare le origini o siano simpatiche invenzioni dei capiscuola stessi per darsi maggiore importanza.

In realtà chi comunica simili analisi, si mostra come sempre superficiale e poco acculturato su ciò di cui parla. La cultura giapponese ha profonde radici animistiche con una forte propensione al contatto sciamanico o gnostico con la sfera che lo circonda. Sente molto il contatto con la Natura e le sue forze, ed è in grado di trarre avvertimenti e consigli dalla loro azione. Questa caratteristica è stata magnificata dallo sviluppo in Giappone del buddhismo, che si adattò molto alle caratteristiche del popolo del “Paese della Pianura delle Canne” fino a creare delle correnti molto particolari.

Qualunque sia quello che avviene nell’illuminazione di un individuo, illuminazione che può essere “piccola” o “grande”, quella del guerriero che forma una nuova scuola è una fatto che comprende le sue le capacità mistiche, la sua conoscenza dei modi e dei riti, la capacità di “leggere” i propri stati e quelli che lo circondano. Ribadisco, è una cosa sviluppatissima e naturale per i giapponesi. Qualunque sia il fenomeno che accade in questa occasione, un contatto con un “divino” o la sublimazione di certe capacità del nostro “cervello”, il fatto è che l’evento “funziona” e questo è ben provato: l’adepto illuminato ascende ad un grado di abilità che rasenta il sovraumano. O lo è, semplicemente.

Questo “stato di grazia” non è solo soggettivo, ma si rivela nella sua opera. Nel caso del Bugei nella composizione di movimenti fisici, di stati mentali, che diventano accessibili agli allievi secondo un cammino ascendente di addestramento e consapevolezza. Si raggiungono certi “Principi” che hanno valori universali e sono applicabili a tuta la sfera dell’umano e alla sua interazione col Mondo.

Questa ricerca dell’illuminazione ed il suo conseguimento avviene da tempi remoti. Considerando tempi più vicini possiamo ricordare molti casi da Iizasa sensei nel XV secolo e via via fino a Ueshiba Morihei sensei nel XX secolo.

Tra i tanti valori di questi principi c’è quello che, pur curando la disciplina il sano sviluppo del corpo e il suo mantenimento ad uno stato di salute attiva, non dipendono da straordinarie doti fisiche, né dal periodo della “gioventù”, né da continui allenamenti fisici di prestazione. Acquisite, vengono approfondite dagli anni e dall’esperienza, mentre la pratica diventa meno fisica e più “un comportamento” che uno sforzo.

 

Oggi lo sport

Esaminiamo ora l’aspetto sportivo.

La prima osservazione da fare è che, purtroppo, è stato dimenticato l’aspetto originale e decoubertiniano dello sport, che lo voleva come agente di progresso individuale e confronto allo scopo di migliorare. Oggi lo sport è ristretto nelle caratteristiche “agonistiche” o “di prestazione”. Cosa voglio dire: l’allenamento viene completamente indirizzato sullo scenario del regolamento sportivo e della modalità di gara, eseguendo gli esercizi con l’equipaggiamento previsto. Tutto ciò che non rientra in questo sistema fondato sulla gara viene eliminato o, alla meglio, trascurato. Anche se l’allievo non farà alcun incontro o si limiterà a sporadiche occasioni, comunque l’allenamento e l’apprendimento seguirà questa matrice.

Questo comporta una perdita tecnica e l’impoverimento generale della disciplina, ma avviene anche un’altra cosa che comporta non poche negatività. Per “far fare gare” all’allievo la sua maturazione viene alterata riducendo la preparazione necessaria al raggiungimento di una maturità sufficiente, quella minima che attestava una preparazione al campo di battaglia.

Così, restringendosi alle tecniche di gara, salta la comprensione dei principi e la costruzione del “corpo della disciplina” a favore di un atletismo assai spinto, tale che le doti fisiche, magnificate e “spremute”, li sostituisca in modo da avere una competitività agonistica, “fare il punto”.

Esperti di biomeccanica ed allenamento, magari con un’esperienza ristretta nella disciplina, ricorrendo ad apparecchiature d’avanguardia, selezionano nuove matrici di movimento adatte ad ottenere la miglior prestazione di gara. Al contrario delle tecniche scaturite dall’illuminazione del maestro creatore della scuola, il risultato del ginnasiarchismo moderno produce risultati temporanei, strettamente legati alle caratteristiche fisiche dell’individuo e destinata a declinare in modo assai sensibile appena la quantità dell’allenamento scende e i parametri dell’età anagrafica portano l’atleta fuori dal suo splendore fisico.

Da questo periodo di superallenamento quantitativo spesso risultano danni fisici di varia entità e una forte stanchezza mentale, che porta al risultato opposto di quello previsto dall’idea di Bugei, vale a dire l’abbandono della pratica verso cui si aveva, in origine, una grande passione.

 

La Via con un Cuore (Shin)

Torniamo alla scuola tradizionale. Come abbiamo più volte visto e dibattuto, nelle Arti Marziali giapponesi la Spada è l’asse e la disciplina centrale. Lo stesso Jigorō Kanō sensei, creatore del Gendai Budō moderno, sosteneva che un eccellente jūdōka non sarebbe stato completo se non avesse imparato la Via della Spada. E per quanto riguarda la scuola Yōseikan, sia Minoru Mochizuki sensei che Hiroo Mochizuki sensei hanno sempre dichiarato la centralità della Spada nella scuola e nel loro metodo.

Molti non capiscono, anche se è molto semplice. Oltre l’aspetto storico e culturale, la disciplina della scherma è quella che è stata più studiata e dai migliori, in tutta la storia del Bugei. Sono state raggiunte vette altissime, e il patrimonio conquistato, una volta compreso, può essere adattato a tutti. Ricordando Musashi, si può dire che lo spadaccino illuminato può applicare i principi della Spada all’arte, ai rapporti sociali, all’economia e alla politica, risolvendo le situazioni ed evitando i conflitti.

Anche al livello fisico, principi, strategie e matrici corporee possono essere facilmente trasportati ad altre armi e alle mani nude, comprendendo in quest’ultima voce anche Kansetsu (leve), Nage (proiezioni) e Ne Waza (lotta a terra). Sono infatti i principi della scherma ad essere universali e a codificare ogni passaggio del combattimento in modo da minimizzare i rischi e magnificare i risultati. Chi ha studiato le Regole della Scherma avrà una visione geometrica dello spazio, percepirà i ritmi, identificherà la Linea e il Centro, avrà una percezione scacchistica dell’evoluzione delle azioni.

La scherma di Spada parte da precisi semi che ne realizzano le basi: punto, linea, cerchio. Ognuno genera un altro e ne è generato. Combinandosi tra di loro producono tutte le matrici mentre le ruote del ritmo stabiliscono i tempi di esecuzione.

Spesso diversi principi vengono nascosti nei “mon”, i simboli/stemmi delle scuole. Anche nel simbolo della scuola Yōseikan, guardando anche i più antichi come il recente, è possibile trarre molte indicazioni.

Viva la Swastika!

Ricordiamo ancora un altro simbolo, un altro grafo, estremamente importante nella generazione del movimento e della sua applicazione: la Swastika!

Dal Makiuchi Giri all’Onda-Shock è lei la generatrice sia del movimento che del tempo della sua applicazione

o , è un principio estremamente importante, occorre lasciar cadere ogni pregiudizio culturale e studiarlo bene. L’efficacia sarà estremamente incrementata.

La sintesi delle leggi taoiste e del potere di Hokuto… E altro ancora.




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