Didattica delle scuole di Arti Marziali

Alcuni esempi per le scuole classiche (Koryū)

 

Le scuole di Arti Marziali classiche giapponesi, dette Koryū, avevano delle didattiche molto precise e progressive, che agivano sulla intera persona e guidavano lo studente ad acquisire esattamente cosa la scuola volesse che apprendesse, come voleva che lo apprendesse e quando doveva apprenderlo.

Questi metodi in parte erano “originali”, vale a dire che replicavano le esperienze accadute e il personale percorso di conoscenza seguito dal fondatore della scuola, in altra parte venivano “adoperate” tecniche didattiche provenienti dalle scuole buddhiste, dai sistemi della filosofia naturale taoista o dalle teorie educative confuciane. Altre ancora venivano da concetti e mezzi impiegati in attività quotidiane, carpenteria, attività letteraria, calligrafia, agricoltura e così via.

Già è stato trattato (articolo del 23/10/2020) il principio dello Shu-Ha-Ri (守 破 Proteggere/Obbedire -Staccare -Allontanarsi). Qua voglio trattare di altri due concetti, uno dallo Yagyū Shinkage Ryū, il Sanma no Kurai, e l’altro, più trasversale e presente in varie scuole, il Shin-Gyō-Sō (真行草 - questo è l’esempio di una direttiva didattica proveniente da un’altra attività, in questo caso la calligrafia).

Da ricordare, prima di inoltrarci nella trattazione, due cose:

-      La prima progressioni suggerita, Shin-Gyō-Sō, è tra quelle comuni non solo a molte scuole di Arti Marziali, ma pure ad altre attività culturali ed artistiche. Varia, nello specifico, il legame alle tecniche rappresentative della scuola che lo usa;

-      La seconda, Sanma no Kurai, è specifica della scuola Yagyū, però in forme parallele si trova in altre scuole e discipline;

Inoltre, da tener presente, che i modelli sono legati da riferimenti matematici o geometrici:

-      -  terne, triangoli e triscele – i più diffusi –

-     -   poi quaterne e quadrati;

-     -   cinque e il pentacolo;

-      -  sei e l’esagono o la “Stella di David”, la “Coppa e la Spada”;

-     -   sette e l’Hokuto (Il Grande Carro più la Stella Polare;

-     -   otto e il Bagua – un altro modello diffusissimo;

-     -   poi nove, dodici e diciotto;

-      -  senza dimenticare il cerchio e la spirale.

 

Shin-Gyō-Sō (真 - 行 - 草)

Shin-Gyō-Sō è un concetto molto interessante, un parallelo con la nota successione Shu-Ha-Ri, successione in cui si descrive e raccomanda la modalità di crescita di un praticante dallo stadio di allievo a quello di esperto. È una progressione proveniente dalla pratica della Calligrafia (Shodō - 書道).

Esaminiamo i tre ideogrammi:

-      Shin () è un ideogramma formato dal radicale “Saji” (utensile - ) unito ad una forma derivata dall’ideogramma “Kanae” (tripode/calderone - ). L’idea è quella di acquisire conoscenza e cercare la verità senza illusione.

-      Gyō: () è un ideogramma che schematizza a strade diritte o ad incroci. Fa riferimento al movimento e al progresso, al viaggio. E, inoltre, esprime la qualità di una condotta, come si fa qualcosa, l’esecuzione di una azione in modo oggettivo.

-      : Letto anche“Kusa” (erba - ) è composto da “Haya” (inizio - ) e da una parte di un altro ideogramma che è un altro modo di riferirsi a  “Kusa” (erba - ). L’ideogramma combinato così viene ad esprimere il sole che sorge e fa sviluppare la pianta, e unisce l’aspetto umile dell’erba a quello grandioso del sole, e viene usato per esprimere l’elemento di astrazione nel concetto estetico.

 

Occorre spiegare come viene utilizzata questa scala nella calligrafia, prima.

Allora Shin, definita anche “Kaisho” (corretto, scrittura formale - 楷書) è riferita al tratto nitido e molto simile al carattere-modello, senza svolazzi. È la calligrafia di uno studente ai primi stadi, si traccia il segno in modo di imitare precisamente il modello, una specie di “stampatello”, inoltre è la forma usata per scritti formali o amministrativi.

Il secondo (Gyōsho), è stile semi-formale, una grafia più personale e quotidiana, per comunicazioni, appunti, lettere personali. Con la pratica il segno scivola gradualmente in un semi-corsivo più fluido. Illustra un po' il carattere dell'autore.

Il terzo (Sōsho), il meno formale, è l’equivalente di un corsivo nella scrittura occidentale. È il segno espressivo, personale, artistico, che “interpreta” il significato dell’ideogramma secondo l’autore, in una forma sciolta e estetica.

Globalmente il termine Shin-gyō-sō può essere interpretato come un sistema che rapporta l’abilità tecnica acquisita con il modo di realizzare la stessa tecnica, la progressione esemplare con cui viene raffinata una tecnica.

 

Nella trasposizione di queste tre forme esemplari nelle Arti Marziali, i tre gradini stabiliscono questi stadi della pratica:

-      Shin (che è il parallelo di Shu) significa cercare la verità, ovvero che le tecniche, e il modo di eseguirle, mostrate dall’istruttore dovrebbero essere seguiti diligentemente e scrupolosamente.

-      Gyō (che è il parallelo di Ha) significa realizzare la verità, ovvero che le tecniche dovrebbero realizzare i veri principi della disciplina iniziando a adattarle al proprio modo di “sentire”.

-      Sō (che è il parallelo di Ri) significa che la forma si identifica nella natura, le tecniche sono assolutamente naturali in senso soggettivo e oggettivo e sono in armonia con tutte le cose.

 

Nella didattica applicata non significa che l’allievo progressivamente stravolge a suo piacere le tecniche per inventarsene di sue. No.

Significa che la comprensione delle tecniche, e dei principi che le governano e che loro rappresentano, “entra” progressivamente “dentro” l’adepto che prima le assimila, poi le perfeziona, infine è in grado di “essere e fare” con movimento e interpretazione che scaturiscono in modo non elaborato, ma spontaneo, da lui stesso.

La tecnica è già completa alla maturazione dello “Shin”, diventa poi un qualcosa di particolare.

Al primo stadio la tecnica è ampia e semplice, la distanza più lunga, necessita almeno un passo intero, il tempo più orientato verso il Go no Sen, il bersaglio “più sicuro” nel punto di attacco.

Al secondo tutto si accorcia, tempo e spazio, la tecnica è più corta e comprende più particolari, il passo è corto e veloce, il ritmo va verso il Tai no Sen, il bersaglio è più delicato.

Al terzo, distanza, tecnica, spostamento e bersaglio sono tutti “corti” e richiedono una abilità matura e padroneggiata dal profondo si sé stessi. Sen no Sen è il tempo, intuizione ed esecuzione sono immediati e senza sbagli.

Il movimento di riferimento, un Kihon, un Kata, può essere uguale per tutti e tre i livelli, ma l’adepto l’esegue in modo profondamente diverso secondo il suo stadio di crescita.

Il maestro mostra, impone le modalità di esecuzione, e controlla che non ci siano “salti in avanti” o “incertezze” che dimostrano quanto il passaggio non è ancora maturo.

 

Sanma no Kurai (三磨の位)

Sanma no Kurai (三磨の位) proviene dal mondo degli artigiani-srtisti che effettuavano l’importante opera di “politura” di una spada forgiata o da restaurare.  Letteralmente significa “tre livelli di politura (di una spada)”. Si tratta di una istruzione di insegnamento che veniva adottata all’interno dello Shinkage Ryū della famiglia Yagyū.

Kurai () oltre che “livello” è un sinonimo per “Guardia” (normalmente viene usato “Kamae” ), ma rappresenta specificatamente l’aspetto esemplare di una posizione, carica di significato e personalità, con contenuti simbolici espressi dalla struttura stessa della postura.

1.     Narau (習う o "Shu")

2.     Kufu (工夫 o "Ko")

3.     Neru (o "Ren")

Il collegamento tra i tre punti, oltre che una progressione “a cascata”, può essere visto come un triangolo inscritto in un cerchio.

Ovviamente il primo punto, “Narau”, significa "Apprendimento". È la fase in cui si apprende dall’insegnante, lo si ascolta con molta attenzione e si fa esattamente come si dice. Occorre “spegnere” l’io e il “dialogo interno”. Si pratica ripetendo ciò che abbiamo imparato con lui come modello assoluto.

Il secondo, “Kufu”, "Lavorarci Su", significa che lavoriamo sulla tecnica “appresa” migliorandola costantemente, ripetiamo, la studiamo provando e riflettendo, la approfondiamo e, eseguendola, ne controlliamo la maggior resa e l’effetto. Seguiamo sempre le istruzioni del nostro insegnante, ma cerchiamo di fare funzionare “il meccanismo” per noi stessi, come stiamo acquisendo ciò che abbiamo imparato.

Non stiamo "innovando". Non improvvisiamo né stravolgiamo, ma rinnoviamo sempre le cose seguendo l'insegnante.

Terzo e infine – ma non è una fine, bensì un ri-inizio – “Neru”, "Lavoriamo verso la Perfezione". Significa continuare il lavoro del Kufu sempre “pulendo” e interiorizzando tecnica e suoi principi, vogliamo rendere perfetto ciò che abbiamo imparato. Ma la perfezione non si raggiunge “al primo giro”. Dobbiamo riconsiderare la tecnica “da zero”. Torniamo al livello di Narau (apprendimento) con una conoscenza maggiore dell’inizio, ci spogliamo delle sovrastrutture e ri-seguiamo lo stesso processo. Sono giri continui e, nel farlo, per ricollegarci al paragrafo Shin-Gyō-Sō, andiamo pian piano a riempire uno di questi stadi. Fino a che passiamo al successivo.

 

È interessante notare che esiste un altro sistema di Sanma.

1. Narau
2. Keiko 稽古
3. Kufu 工夫

Il primo e il terzo sono gli stessi, ma il secondo è KeikoKeiko significa letteralmente “seguire/imitare gli antichi” e può essere reso come “Allenare”. Imparate e praticate ciò che avete appreso e lo adattate ai modelli dinamici. 

Sono sfumature. Ma sfumature che definiscono bene il secondo, delicato stato.

 

Il Sanma no Kurai dice, fondamentalmente, di ascoltare il nostro insegnante senza mettere avanti preconcetti o idee nostre. Praticare esattamente ciò che si ha appreso e, in seguito, adattarlo per acquisire ciò che abbiamo appreso. Poi, quello che abbiamo imparato va portato al livello successivo.  L’allenamento è fatto per eseguire perfettamente ciò che abbiamo imparato comunque e dovunque.

Ecco perché l’allenamento non finisce mai. Perché lavoriamo per perfezionarci attraverso la tecnica.

Considerate ogni tecnica, pugno, fendente di spada, proiezione o leva. Considerate un movimento elementare, a piacere. Riuscite a eseguire la tecnica perfettamente per tre volte di seguito? 

Mmmm, mi sa di no…

Ogni volta ci sono delle cose da sistemare…

Sanma no Kurai sembra una cosa semplice, logica. Ma poi si vede che non è facile da fare. 

Niente scoraggiamenti, praticare – con criterio, metodi qui ne sono stati esposti – e vedrete che i risultati arrivano. Fuori e dentro.

Però praticare! La costanza è fondamentale!

 

Commenti

Post popolari in questo blog