Uno studio BUDO KENKYUKAI


I Santuari di Kashima e Katori, Dei e Spade, famiglie e discendenze: note storiche.

Prima Parte: Kashima e il Kashima no Tachi
Allenarsi e studiare una Koryū è un processo che richiede una precisa applicazione del fisico, della mente e anche dell’anima, tutto in un modo unificato. Tutto inizia necessariamente dal corpo attraverso infinite ripetizioni e suburi. Nei fatti, mente e anima partecipano e “sentono” indirizzando il corpo verso azioni sempre più globali e corrette.
Non si può separare una Koryū dalla sua storia e dalla sua cultura, sia quella generale della storia e antropologia del paese, sia quella particolare del suo ambiente, delle generazioni di maestri e studenti che ne hanno tramandato e potenziato materia ed essenza.
L’approfondimento culturale è un obbligo per chi accumula anni di pratica e magari viene autorizzato a radunare un gruppo ed insegnare. E deve essere un approfondimento completo, fatto con partecipazione, altrimenti una grossa fetta di quella scuola che dice di studiare sarà sempre preclusa a lui e a chi con lui studierà.
Il materiale che io espongo qui di seguito ha lo scopo di approfondire l’ambito fisico e culturale delle scuole di Spada dell’Est del Giappone, con riferimento alla scuola Tenshin Shōden Katori Shintō Ryū, ed è il risultato di un certo periodo di ricerca e di elaborazioni. Non è completo, né definitivo, vuole essere soprattutto una informazione agli appassionati e ad altri colleghi e un possibile campo di discussione. Sono due puntate, questa dedicata al Santuario di Kashima e l’altra a quello di Katori, tra loro profondamente legati e di fatto esercitano una fondamentale e assiale influenza sulle scuole che ad essi si collegano.
Una citazione da un antica cronaca risalente all’VIII secolo, a sua volta trasposizione scritta di tradizioni orali di parecchi secoli prima:
“… gli anziani narrano che agli inizi del Cielo e della Terra, quando le piante parlavano, dal Cielo discese un Dio, di nome Grande Dio Futsu, per ispezionare il Paese fra le pianure dei giunchi (Ashihara no Kuni – uno dei nomi poetici del Giappone - nota dell’autore) e per portare la pace fra gli indomiti Dei dei monti e dei fiumi. Ultimata la sua spedizione pensò di tornare nei Cieli. Allora si spogliò degli armamenti, si dice che fossero un elmo, una lancia, uno scudo e una spada, che i locali chiamano “itsuno”, e di una collana di gemme, li abbandonò su questa terra e salendo su una nuvola bianca ritornò nell’azzurro Cielo…” .
[Hitachi no Kuni Fudoki, raccolta di resoconti e tradizioni della provincia di Hitachi, risalenti all’VIII secolo dC]
I santuari di Kashima e Katori si trovano a pochi chilometri l’uno dall’altro, nella parte settentrionale del Kantō, hanno una storia molto antica che deve essere conosciuta.
I due luoghi ancora oggi sono caratterizzati da una Natura pittoresca e potente, suggestiva e misteriosa. Nei secoli prima di Cristo erano luoghi sacri per le tribù Emishi (popolazione del Giappone di parziale origine caucasica) già stanziate nella zona prima dell’arrivo dei Yamato [大和 - Yamato o 和人, “Gente di Wa”]. L’importanza di questi centri come poli del sacro è testimoniata dalla narrazione contenuta nelle cronache antiche, che narrano l’arrivo di Jinmu Tennō, il “Guerriero Divino” e Primo Imperatore (VII secolo aC.) in queste regioni nella sua opera di riunione e pacificazione della nazione. Queste cronache narrano che l’imperatore costruì due santuari consacrandoli a divinità del pantheon Yamato là dove già c’erano questi importanti luoghi di culto degli Emishi.
Il primo imperatore attribuì la presenza divina di Futsu-nushi no Mikoto, dio della Spada e del Vento, a Katori, e di Takemikazushi no Mikoto, dio del Tuono e della Guerra, a Kashima.
Non si immagini il lettore che questa istituzione si realizzò con strutture e costruzioni: i primi santuari dello Shintō, e anche quelli Emishi, erano luoghi, dei punti particolari identificati da semplici segnali, pietre, bastoni, corde e drappi, che individuavano e recintavano là dove era stata riconosciuta dagli sciamani la presenza del sacro. Ambedue i siti hanno caratteristiche naturali particolari e sono pervasi da una particolare e straordinaria energia che è ben percepibile durante la visita. Le prime fabbriche, probabilmente, furono innalzate dall’imperatore Sujin, decimo nella linea, nel II secolo aC. Anche queste costruzioni dovevano essere molto semplici perché solo con l’arrivo del buddhismo in Giappone si sviluppò una vera edilizia sacra monumentale e celebrativa. Per cui per parlare di edifici organizzati bisogna attribuirli all’imperatore Tenji nel VII secolo.
Per comprendere l’importanza dei due Dei a cui erano consacrati i due santuari, dobbiamo ricordare il racconto riportato dai due libri di mito e storia ancestrale del Giappone: il Ko Ji Ki e dal Nihon Shoki. Futsu-nushi no Mikoto e Takemikazuchi no Mikoto, inviati dalla dea Amaterasu, dopo aver ricevuto la sottomissione del più importante Dio terrestre e dei suoi figli, ripulirono con una potente azione di esorcismo il paese dagli Dei instabili e demoniaci che lo popolavano e rendevano impossibile lo sviluppo organizzato e pacifico della vita.
E’ scritto nel Fudoki: “...sui loro monti vivono divinità malvagie, nelle campagne demoni tumultuosi, che assediano i sentieri e bloccano le strade arrecando molto disturbo…”.
Questo esorcismo venne eseguito usando le loro spade divine e tale azione si tramandò nello Shintō dei Santuari di Katori e Kashima con l’uso di spade cerimoniali, spade reali o del bastone Haraegushi che le simbolizza. In queste cerimonie l’uso delle spada, chiamato “Harai-Tachi”, era riservato ai membri delle famiglie guardiane dei due santuari e poi venne mantenuto come prerogativa dei maestri della scuole di Bujutsu collegate. L’Haraegushi col bastone veniva e viene fatto dai preti.
Il movimento di esorcismo e dominazione effettuato dalle spade divine secondo i miti di fondazione è considerato la base della scherma giapponese che in seguito si sviluppò e, specificatamente, delle scuole sorte presso i due santuari. Questo movimento è descritto in modo diverso dai vari testi delle scuole di scherma dei due santuari e vi torneremo in seguito.
Leggendo sempre gli antichi testi (mi riservo di pubblicare uno studio più ampio in futuro su questo argomento), su alcuni è Futsu-nushi no Mikoto il protagonista di imprese e di memorie, in altri, descrivendo gli stessi fatti, si parla di Takemikazuchi no Mikoto. L’impressione è quella di avere a che fare con un Dio-doppio, o un’unica divinità con doppio aspetto, uno più concreto e uno più sottile. Nella delicata dinamica dell’animismo giapponese e del sistema autoctono che poi si fonderà con il Taoismo cinese, i due santuari hanno dei ruoli diversi: uno sarebbe il “santuario interno” (Naika) e l’altro il “santuario esterno” (Geku). Secondo alcune fonti l’esterno sarebbe il Kashima, l’interno il Katori, secondo altre è viceversa. Così, seppure con qualche rivalità, le due istituzioni nelle cerimonie religiose e in altre situazioni sono molto legate e interagenti.
Il Dio Takemikazushi intervenne anche in seguito, durante l’azione di conquista da parte degli Yamato del paese, dando al primo imperatore Jinmu stesso la sua potente spada perché completasse l’impresa. Questa spada, conosciuta come “Futsu no Mitama no Ken” [布都御魂 剣] è la seconda delle “Spade Divine” conservate dalla famiglia imperiale. La prima è la “Kusanagi no Ken”, uno dei “Tre Tesori”. Da notare che le due armi, in origine custodite appunto presso il palazzo imperiale, furono poi spostate in due diversi santuari e lì celate, dato che il loro grande potere causava incidenti, inconvenienti e malattie. Delle armi furono realizzate copie, che per effetto della “magia imitativa” contenevano anch’esse una forte percentuale di potere. Nel tesoro del Santuario di Kashima è conservata la copia della Futsu no Mitama, un “chokutō” o “spada diritta ad un solo taglio” di eccezionale lunghezza, ben 2,7 m, chiamata sempre Futsu no Mitama e stimata come la spada più antica tra quelle conosciute e catalogate (foto sotto).
Su questa spada ci sono alcune notizie e studi specifici che riporterò al fine.


Torniamo ai santuari di Katori e Kashima. Data questa ascendenza, i luoghi di questi santuari erano potentemente associati all’aspetto marziale (武芸 – Bugei) ed erano punti di riferimento per i guerrieri del Kantō e non solo. Sin dalle origini dello stato Yamato si può registrare una stretta connessione tra i rituali Shintō e il mondo dei guerrieri, con interventi sciamanici già nella costruzione delle armi, nella discesa in battaglia, nelle cerimonie di ringraziamento dopo la vittoria. Una importante memoria storica ricorda che sotto Tenji (VII secolo, ricordiamo) e i suoi immediati successori, in seguito alla sconfitta subita dalle armate giapponesi in Corea, si temeva l’invasione da parte dei coreani attraverso uno sbarco sulle coste del Kyūshū. Così furono create delle apposite truppe speciali per contrastare questo possibile attacco. I coscritti selezionati, chiamati “Sakimori”, venivano addestrati all’uso delle armi proprio al Santuario di Kashima prima di essere inviati a destinazione. La principale destinazione era appunto il Kyūshū ma una parte veniva inviata alle frontiere nord-orientali per combattere gli Emishi. Questo acquartieramento veniva chiamato “Kashima-dachi” e avveniva nel VII secolo dC. ma la memoria rimase nella coscienza nazionale, tanto che ancora si parla di “Kashima-dachi” per dire: “partire per un viaggio”. Viene tuttora celebrata una festa, il 9 Marzo, con parata di figuranti, che ricorda l’accorrere del popolo quando i contingenti, i vari scaglioni, si mettevano in marcia verso il Sud-Ovest.

La Sala Principale del Santuario di Kashima

Kashima, i Nakatomi e Kuninazu no Mabito
Attualmente ci sono molte notizie sul Santuario di Kashima, e su Kashima ci concentriamo in questa prima parte del saggio. Anche se i riferimenti al dio Futsu-nushi nelle “Cronache delle Provincie” sono piuttosto forti.
Un punto importante nella “Spada del Tōhoku” (東北 – nome cumulativo delle provincie del Nord del Giappone) è la persona di Kuninazu no Mabito, vissuto nel VII secolo dC e primo fondatore della scherma dell’Est (altre fonti ante datano la sua esistenza al V secolo dC). Per inquadrare il personaggio è necessario risalire alle famiglie notabili che gestivano le aree sacre sin dai primi tempi dell’impero Yamato.
Per lo studioso è interessante capire se c’è un legame tra Kuninazu e il fatto che i Sakamori si riunivano ed addestravano presso il Santuario. Probabilmente si anche se non mi sento, al momento, di sposare l’idea che era proprio l’addestramento presso maestri della famiglia Kuninazu che motivava questa scelta logistica. Una forte ed oggettiva motivazione a me sembra piuttosto il fatto che il Kantō era una regione di confine che generava robusti e capaci guerrieri e radunare gli uomini là lasciava queste truppe lontane dagli intrighi e dalle lotte della capitale.
E’ pure importante capire l’ascendenza di Kuninazu e la sua discendenza. Ci sono dati apparentemente discordanti, che necessitano di approfondimenti.
Il Santuario di Kashima si lega dai tempi più antichi con la famiglia Nakatomi, che è una delle “Cinque Famiglie” di discendenza divina della corte Yamato, tutte con il rango più alto, posto subito sotto quello imperiale. Già nel primo periodo Heian (794/1185) i Nakatomi presero sopravvento sulle altre con il loro ramo principale, che assunse il nuovo cognome di Fujiwara.
I Nakatomi avevano dei ruoli nello scenario politico e religioso, estremamente connesso, tra cui l’esclusiva della presentazione delle offerte alla divinità. Per ragioni di culto agli Dei Takemikazushi e Futsu-nushi era pratica ricorrente offrire ai due Dei delle grandi barche (alcune fonti dicono realizzate nella pietra) che venivano consacrate presso lo Tsu no Miya di Kashima, un piccolo santuario separato dall’edificio principale ma ricadente nel complesso. I Santuari Shintō sono insiemi di costruzioni e punti disseminati in aree molto estese e il Dio stesso viene venerato nei suoi diversi aspetti nella sala principale e in altre strutture sparse nel territorio della istituzione religiosa.
Bisogna citare un’altra famiglia presente a Kashima con precisi ruoli religiosi, quella degli Urabe, che gestivano esorcismi e vaticini. Erano in contatto con i Nakatomi e anche con il clan Inbe, un’altra delle “Cinque Famiglie”, dato che tutti e tre i gruppi si occupavano della sfera religiosa. Gli Urabe più volte cercarono di assumere un’importanza eguale al Nakatomi, senza riuscirvi. Un ramo degli Urabe si stabilì a Kashima dove loro e/o i Nakatomi generarono le cosiddette “Quattro Famiglie” guardiane.
Cosa sono le “Famiglie Guardiane” o i Re-guardiani? Secondo le idee dello Shintō antico, l’animismo Emishi e il Taoismo d’importazione cinese, esistono dei punti naturali, delle costruzioni e degli individui destinati ad essere guardiani e protettori di uno specifico luogo o di una particolare famiglia contro attacchi fisici o mistici. Sono identificati con i mitologici quattro “Re Guardiani” ed associati alle quattro direzioni cardinali, con il Nord che assume il ruolo di “primus inter pares”.
Le quattro famiglie guardiane di Kashima si chiamavano Yoshikawa, Matsumoto, Ogano e Garuka. Kuninazu no Mabito apparteneva alla famiglia Yoshikawa, che aveva la preminenza. Non è chiaro se la famiglia Yoshikawa discenda dai Nakatomi, dagli Urabe o da entrambi.
Ci sono legami tra i Nakatomi-Fujiwara e tra Kashima e Yamato. Per i Nakatomi il centro principale era presso la corte imperiale, ma forte era la loro connessione con il Santuario di Kashima di cui alcune fonti dicono che ne erano capi religiosi. Così si tramanda l’episodio del “Trasferimento del Dio”. Nell’ VIII secolo dC, dopo una serie di cerimonie i Nakatomi stabilirono che il Dio Takemikazushi aveva “trasferito” parte della sua divinità da Kashima al loro Santuario di Kasuga Taisha presso Nara. Quest’ultimo è un altro posto “magico” collocato vicino a Nara, città imperiale per molti decenni prima di Kyōto. Il Dio si era trasferito colà “cavalcando un cervo” e questi animali, i discendenti della cavalcatura, trovarono “casa” nei boschi del Santuario. Dopo questo fatto il Dio Takemikazushi diventò ufficialmente uno deglii Uji-Kami o “Dei di Famiglia” dei Nakatomi. Per sottolineare il legame, anche Futsu-nushi no Kami è tra le divinità del Santuario Kasuga Taisha ed è anch’esso considerato un protettore dei Nakatomi-Fujiwara. E’ proprio come se si fosse creato un legame tra il Kansai e il Kantō attraverso i Nakatomi.


I SANTUARI del Kasuga Taisha

I Nakatomi si proclamavano discendenti dal Dio Ame no Koyane no Mikoto, una divinità maschile e celeste, figlio di Kamimusubi no Mikoto. Questa divinità accompagnò il “Nipote Divino” Ninigi nella sua discesa in Terra assieme ad altre quattro divinità (che sarebbero gli antenati delle altre quattro famiglie). E’ la principale divinità di famiglia venerata al Kasuga Taisha.
Da notare che Futsu-nushi no Kami era sin dalle origini il protettore della Famiglia Mononobe, un’altra delle Cinque Famiglie, che insieme agli Otomo erano quelle incaricate della gestione militare del paese. I Mononobe avevano dei doveri dinastici sulla spada divina di Takemikazushi, già affidata a Jinmu, la Futsu-no-mitama. Gestivano un altro santuario in Nara, l’Isonokami, dove tutt’ora questa lama divina è nascosta e venerata. Avevano un legame legame con il santuario di Katori del Kantō, con Futsu-nushi che era anche loro Uji-gami. I Mononobe persero gran parte della loro influenza per accadimenti militari e politici, sempre nel primo periodo Heian. Il declinio di questa famiglia può aver causato la maggiore pubblicità che Kashima ricevette nei secoli.


L'Isononami Jingū

Ōkashima no Mikoto (notare il nome “Grande/Illustre Kashima) era un Nakatomi discendente di decima generazione dal Dio Ame no Koyane e rivestiva una importante carica sacerdotale anche al Santuario di Kashima. Kuninazu no Mabito era suo discendente di quarta generazione, la sua famiglia aveva preso il cognome Kuninazu e secondo alcune fonti era anche l’abate/priore/capo sacerdote del Santuario.
Sebbene i Fujiwara e i Nakatomi siano maggiormente ricordati per i loro incarichi cultuali e la loro influenza politica, non mancarono tra le loro file i guerrieri di chiara fama, sia tra i gruppi che rimasero nella zona della capitale, sia tra quelli che si trasferirono nel Kantō, per cui la capacità guerriera di Kuninazu associata a quella religiosa rientra tra le caratteristiche ereditarie della famiglia.
Come detto sopra, le “Quattro Famiglie Guardiane” discendevano dai Kuninazu-Nakatomi e gli Yoshikawa erano tra queste la famiglia più importante delle del Santuario. Queste famiglie avevano anche cariche feudali e reggevano il territorio sotto il comando del signore del castello di Kashima, importante struttura militare che si ergeva fino alla restaurazione Meiji sulle colline a Nord Ovest dell’area del Santuario.
Le famiglie guardiane si occupavano della sicurezza della struttura religiosa: guardiania, polizia e giustizia; inoltre eseguivano in prima persona particolari cerimonie religiose come esorcismi e vaticini augurali, inoltre eseguivano secondo i calendari di culto delle danze che univano l’aspetto guerriero a quello religioso.
Così vediamo che Kuninazu no Mabito ricopriva questi ruoli nel territorio del Santuario. Insoddisfatto della tecnica della Spada di quei tempi si recò nella pianura di Takamagahara che si trovava allora nel territorio del Santuario [高天原 – un nome insolito, uguale a quello del soprannaturale “Più Alto dei Cieli”, il luogo originario di “Tutto” nello Shintō] e salì sulla piccola altura chiamata Onizuka, l’”Altura del Diavolo”. Qui, nei tempi ancestrali, gli Dei erano scesi dal Cielo e avevano fatto l’esorcismo con la spada che aveva pacificato il paese. Lì costruì un altare alla Divinità di Kashima e si dedicò interamente a preghiere e riti, in ascesi, cercando l’illuminazione. Dopo un lungo periodo, Takemikazushi no Kami si manifestò e rivelò a Kuninazu quanto voleva. I testi dicono in modo “sibillino”che “ricevette la Sacra Spada”. Si tratta però dei principi, non di una spada materiale, vale a dire l’Harai Tachi e l’essenza della “Spada Divina”, lo “Shinmyōken”.
Lo Shinmyōken a sua volta si realizzava attraverso la comprensione del principio matrice “Ichi (o Hitotsu) no Tachi” [一の 太刀].


L'Altare sulla collina Onizuka a Takamagahara

Tecnica Divina
L’Harai Tachi è l’azione della spada divina usata dagli Dei nell’esorcismo per la dominazione e pacificazione. I testi che fanno relazione a Kashima la descrivono in modo piuttosto preciso:
“ ...la Spada viene estratta della spada dal fodero in posizione orizzontale e si effettua un taglio verso l’alto da destra verso sinistra (Kasumi Giri), poi altro taglio diagonale da sinistra a destra (Gyaku Kesa Giri), poi si alza la spada lentamente sulla linea diagonale da destra a sinistra come il primo taglio e si la porta orizzontalmente a circa il livello della spalla da sinistra a destra, prima di rinfoderare. Nella simbologia i tagli diagonali sono il castigo, il movimento orizzontale la pacificazione e il perdono.
(C’è da chiedersi perché i tagli diagonali sono offensivi e gli orizzontali pacificativi…).
Un altro punto importante in questa azione è che la spada rivolge il suo taglio, durante le tecniche, verso l’esterno (purificazione del paese) e poi verso l’interno (pacificazione di se stesso). Le spade più antiche e quelle del mito erano a due tagli come quelle occidentali, cosa sottolineata dall’ideogramma “Ken” [剣] diverso da quello “Tachi” [刀] che si riferisce alla più conosciuta lama ad un taglio. Secondo la simbologia avere una spada a due tagli comporta il fatto che un filo della lama è sempre rivolto verso di sé per cui tecnica ed azioni devono essere impeccabili per evitare di “essere ferito dalla propria spada”. Ricordo che il Chokutō del VII secolo conservato a Kashima sotto la denominazione di “Futsu no Mitama”, copia dell’originale conservato presso il Santuario Isonokami di Nara (ma forse, secondo fonti, quest’ultimo è un po’ diverso, un “uchizori”), è una lama a un solo taglio, di conseguenza occorre maneggiarlo in un apposito modo per far sì che il taglio sia rivolto verso l’interno.
Quest’arte della spada, il “Kashima no Tachi”, inizialmente fu riservata e trasmessa all’interno delle quattro famiglie guardiane di Kashima discenti Nakatomi-Uribe-Kuninazu.
Il “Kashima no Tachi” fu in seguito influenzato dalla novità portata avanti da Iizasa Ienao sensei nel santuario gemello di Katori nel XV secolo, che istituì la sua scuola rendendola aperta a tutti secondo le istruzioni del Dio di Katori. Iizasa sensei partì dai principi della “Katori no Tachi” e della “Chiba no Tachi” raffinandole secondo l’illuminazione e le istruzioni divine. Il Maestro, inoltre, doveva essere anche iniziato ai principi del Kashima no Tachi, essendo la sua famiglia e lui stesso imparentato con i guardiani di Kashima attraverso matrimoni.
Il Kashima no Tachi nel periodo che separa Kuninazu no Mabito dai grandi maestri del periodo Sengoku, Matsumoto Masanobu e Tsukahara Bokuden, si differenziò in due versioni: il Kashima Jōko Ryū [鹿島の太刀 は上古流 > Kashima no Tachi wa Jōko Ryū] e il Kashima Chūko Ryū [中古流]. “Jōko” significa “antico” o “ortodosso” mentre Chūko” significa “età di mezzo”.
Così, nel Segoku, Matsumoto Bizen no Kami Masamoto e Tsukahara Bokuden seguendo l’esempio di Iizasa sensei, a loro volta compirono l’ascesi presso l’Onizuka ricevendo l’illuminazione. Avvenne così la nascita delle nuove scuole di Spada a Kashima, all’inizio del XVI secolo, anch’esse scuole aperte a adepti da tutto il Giappone, non solo alle tradizionali “Quattro Famiglie”.
In quei tempi del Sengoku Jidai avvenne anche la “Guerra di Kashima”, che influenzò le scuole con vari episodi, tra cui la morte di Matsumoto in battaglia. Ma ancora abbiamo poche notizie consultabili su questi eventi.
Piuttosto dobbiamo esaminare ancora qualche punto su tecnica e principi.


Dei, tecnologia, meccanica ed istruzioni
Mentre ero in chiusura della redazione di questo articolo, mi è capitato di trovare in rete un interessante .pdf proprio su questi argomenti (l’originale è in inglese, ev.te posso girarlo a chi è interessato). La lettura mi ha fornito dei punti di riflessione anche in relazione a dei momenti di istruzione dati dai miei maestri in questi diversi anni di pratica.
La prima tesi interessante apportata da questo scritto è l’ipotesi che nel racconto sia nascosto un fatto tecnologico, vale a dire che la realizzazione da parte di un fabbro, magari con il concorso di un esperto guerriero, di un’arma con particolari qualità meccaniche. Qualità che, di conseguenza, avrebbe favorito l’elaborazione di tecniche di combattimento non contrastabili dall’avversario (in grado di dare un vantaggio tattico insuperabile).
Nel mito il conferimento dell’arma al primo imperatore avviene attraverso dei sogni. Ora, io non voglio assolutamente restringere a un fatto esclusivamente materiale questi avvenimenti, perché considero il Mondo molto più complesso di un puro fatto meccanico, ma l’espressione di una possibilità vincente attraverso un livello “non cosciente” del cervello-anima è una possibilità, intuizione o visione, e può essere un fatto che più volte si sia verificato in tutta la storia del Bugei.
E, di conseguenza, due punti:
- il fatto che la tecnica di combattimento esiste secondo il materiale tecnologico che può adoperare e a questo si adatta;
- il fatto che una intuizione tecnica può ispirare la costruzione di una nuova arma o di una variante della stessa.
Possiamo prendere come esempio la variazione del modello della spada ad un taglio giapponese nei secoli e limitandoci al campo d’azione dal momento in cui sorgono le nuove scuole d’armi, diciamo dal XIV/XV secolo, vediamo all’inizio una forma specializzata di spada-Tachi tecnologicamente migliore di quelle dei periodi precedenti e fortemente curva, poi la coesistenza con armi particolari come Nagamaki e Nagatachi, poi ancora la Uchikatana del periodo Edo, più diritta e più corta.
Infine (ma ci sono altri spunti), possono esserci delle intuizioni particolari, come la modifica fatta da In’ei allo Yari o da Muso Gonnosuke al Bō.
Il secondo punto (mi limito a questi due punti e vado in forma sintetica, perché le implicazioni sono tante e con molte diramazioni) che suggerisce il suddetto documento è un argomento che per me è logico, ma oggi, nella scarsa e dozzinale cultura d’accatto della maggioranza delle persone viene misconosciuto e mistificato: la conoscenza degli antichi.
Contrariamente al pensare della massa supina, l’intelligenza, la conoscenza e le capacità degli antichi non erano per niente minori alle nostre e si esercitavano a livelli assai più alti le qualità di osservazione, di riflessione, di elaborazione del pensiero, unite a delle doti intuitive e di comunione con la natura – tutti un po’ sciamani e auguri – eccezionali.
Per cui, non intendo dare spiegazioni o giustificazioni a quanto affermo, credo che sistemi/religioni come il Taoismo, l’animismo Shintō e gli aspetti mentali del Buddhismo, parlando per l’Oriente, attraverso il loro studio permettessero a persone eccezionali di racchiudere nella tecnica, mediante una loro interpretazione artistica e “spirituale”, una intuizione sulla struttura stessa della Natura (nel suo più ampio significato) che ne descriveva l’essenza e ne spiegava il sorgere e l’evoluzione degli avvenimenti.
Per quanto riguarda i “momenti d’istruzione” passati dai miei maestri, questo rimane per ora un percorso di studio da approfondire da parte mia. Se ne parlerà in seguito ma, probabilmente, all’interno delle varie scuole. Certo che, alla luce di queste righe, non c’è che da biasimare l’interpretazione di massa delle Arti Marziali contemporanee, nei suoi elementi sportivi e ricreativi, nichilisti ed egoisti.
Il prossimo saggio sarà dedicato al Santuario e alla Spada di Katori.
[I legami tra le scuole del Kantō e fra tutte, in generale, è evidente, ai miei occhi. Sono legami ovviamente basati sulla cultura del Paese della Pianura delle Canne. L’idea dello studio trasversale e filologico è, secondo me, “efficace e tagliente”.]

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